Un trail dai tempi diversi

Dentro la valle, dentro l’autunno
È buio, le torri di sabbia del Villar dormono ancora, il mattino è calmo e placido; si prende il suo tempo prima di arrivare. In questa quiete sembra difficile credere che un gruppo di persone stia per intraprendere un viaggio. Di corsa per giunta.
Il movimento, la musica, le voci, le luci, creano il contrasto che definisce reale questo momento; che lo rende autentico.
Questo è il contesto in cui inizia la prima edizione del Maira Occitan Trail 4×40: 4 giorni per scoprire la Valle Maira di corsa, ma con dei tempi diversi. Ad abbracciare questa esperienza sono persone diverse, di età differenti, provenienti da città o da valli, ma che strada facendo si scopriranno sempre più simili, sempre più unite.
È buio, i runner passano sotto l’arco di partenza, spalancano la porta di ingresso in Valle Maira e si incamminano verso un nuovo giorno. È una bellissima giornata d’autunno: di quelle in cui il sole è basso e potente e i suoi raggi filtrano fra le foglie rosse degli alberi e sfiorano chi corre.
Nel silenzio delle borgate sopite si sente il ritmo cadenzato dei passi che battono veloci e pestano foglie cadute e ricci di castagne. Passi e pensieri: gli unici suoni che rimbombano nella testa di chi corre finché non si svolta l’angolo e si intravede il ristoro, che con il suo fragore rigenera la mente e, con le sue cibarie, anche il corpo.
Sul viso di chi arriva in fondo alla tappa, a Stroppo, non c’è niente oltre al sorriso e qualche goccia di sudore. Oltre all’entusiasmo, c’è spazio per poco altro.
Le gambe che li hanno condotti fino in fondo cercano refrigerio nell’acqua gelida di fontane e abbeveratoi che, per fortuna, in valle non mancano.
L’arco di arrivo è una porta che non si chiude alla fine di ogni tappa quando lo si passa. Del resto, se si corre è difficile tirarsi la porta alle spalle. Si rallenta, ci si ferma, ma si prosegue il viaggio. Si continua a scoprire, a conoscere e a conoscersi.

Se corri verso l’alto puoi bucare il cielo
La colazione di chi corre, il secondo giorno, è un buffet di metri di dislivello in salita che ricordano a tutti che correre è anche tenere la testa basta e pestare. Le nuvole sono basse e non si può venire distratti dal paesaggio. Ma se si va verso l’alto si buca il cielo. Compaiono il Monviso, il Pelmo, il Chersogno e ogni fatica viene ripagata. I sentieri in alto sembrano disegnati per correre in una spinta che non arriva dal basso, ma da dentro.
A Chiappera, oltre alla musica occitana che esce dalle casse, si riesce a distinguere con chiarezza il brusio delle chiacchiere di chi ha corso, anche dandosi filo da torcere, e che vuole condividere la propria esperienza con quella dell’altro. Deve essere successo qualcosa che li ha uniti, ma quello che è accaduto fra le nuvole non ci è dato saperlo; possiamo soltanto supporlo.

Correre insieme
La partenza del terzo giorno è molto diversa da quella dei precedenti: innanzitutto perché l’aria è decisamente più fredda. Poi, a renderla diversa, è la moltitudine di persone che si sta apprestando a correre la 38k e che applaude e incita chi ha già più di 80 chilometri sulle gambe e quando arriverà a Canosio, non avrà finito. I runner della 4×40 questa volta partono che la luce è già alta, nel calore generato da chi condivide la stessa passione e che condividerà questa tappa con loro.
Oggi i sentieri sono più affollati, ma lasciano spazio all’esperienza di tutti. Alcune più veloci di altre, ma non per questo meno autentiche.
Anche il cielo decide di rendere diversa questa giornata: le nuvole vanno e vengono e lasciano di rado spazio a un timido sole. Anche con questo meteo però, il clima è avvolgente.
L’altopiano della Gardetta si lascia attraversare da centinaia di piedi, ma non si consuma, restando uno spettacolo magnifico per chi si tuffa di corsa dal Passo.
A Canosio c’è molta umanità, ma non solo perché c’è più gente del solito ad aspettare gli arrivi, ma perché si assiste a momenti che vanno oltre alla competizione, come quando il primo della 15k si ferma ad aspettare il secondo per tagliare il traguardo insieme. Dirà poi che hanno corso tutto il tempo insieme e che si erano distanziati solo perché l’altro era caduto. Si corre insieme e si arriva insieme. Correre sarà anche un istinto animale, ma è in questi casi che diventa umano.

Ti aspetto a Dronero
L’ultimo giorno si torna nel silenzio, nell’intimità di chi sta correndo tutte le tappe ed è stanco ma unito. Il buio oggi sembra non voler dare spazio al nuovo giorno ma al posto del sole l’atmosfera si scalda a suono di musica. I partenti ballano; il ballo è sia un modo per scaldarsi che per celebrare l’inizio della fine di questo viaggio che hanno intrapreso insieme.
È una giornata piovosa che riflette la malinconia di qualcosa che sta per finire. Il sudore si mischia alla pioggia e ai ricordi.
L’arrivo è sul Ponte del Diavolo a Dronero e chi taglia il traguardo, anche se è arrivato lì sulle sue sole gambe, cerca sempre qualcun altro per ringraziarlo, abbracciarlo, complimentarsi. È come se l’esperienza che hanno vissuto è troppo grande per essere portata da soli; deve essere condivisa.
In questi giorni correndo sui sentieri della Valle Maira si è creata una famiglia, una comunità. Una comunità che attende l’ultimo sotto la pioggia e applaude e grida al suo arrivo, che si unisce nella festa e anche nella malinconia che sanno essere appostata dietro l’angolo.
Chi ha corso il Maira Occitan Trail si porta a casa una medaglia ma soprattutto tutti quei momenti che hanno reso una semplice gara di trail un vero e proprio viaggio, sui sentieri della valle e dentro sé stessi.
